L'occhio umano non è in grado di captare le onde luminose di lunghezza d'onda superiore a quella del rosso (infrarosse) e di lunghezza inferiore a quella del viola (ultraviolette). Inoltre la risposta ai differenti stimoli colorati varia secondo il colore, perché l'occhio umano valuta in misura diversa l'intensità corrispondente alle varie lunghezze d'onda. Va specificato che si tratta di un fenomeno comunque soggettivo. La radiazione che mediamente viene percepita meglio è caratterizzata da una lunghezza d'onda di circa 555 nanometri (luce verde), che si trova più o meno al centro dell'insieme delle lunghezze della luce visibile (all'incirca comprese tra i 390 e i 760 nm). Quindi per una radiazione giallo-verde l’occhio ha la sensibilità massima, considerata del 100%. La sensibilità a tutte le altre lunghezze d'onda può essere espressa in rapporto a questa sensibilità massima. Per le radiazioni rosse, o comunque tendenti all’infrarosso, le lunghezze d’onda sono assorbite dall’occhio in maniera più debole. Lo stesso vale per le radiazioni prossime all’ultravioletto, dove le lunghezze d’onda vengono assorbite dalla cornea e dal cristallino, ma non raggiungono la retina. |
Il colore che noi attribuiamo ad una superficie corrisponde alle lunghezze d’onda della luce riflessa o diffusa. Quindi possiamo affermare che il colore, la forma, la definizione del rapporto chiaro-scuro, sono definiti dalla rielaborazione da parte dei nostri occhi della luce che un oggetto riemette.
Una delle caratteristiche più interessanti della visione del colore è la soggettività da parte dei singoli individui, e da ciò si comprende quanto possa essere complesso il nostro rapporto con la percezione dei colori e quanto sia soggettivo il loro rilevamento. Statisticamente però è possibile stabilire una regola generale per definire il colore che comprenda la maggior parte della popolazione, se si vanno ad escludere carenze psicologiche o fisiologiche di carattere patologico come daltonismo, acromatopsia, e altri disturbi della visione.